giovedì 6 marzo 2008

Gli uomini e la chirurgia estetica: aumentano i ritocchi

E' di oggi la notizia secondo cui gli uomini ricorrebbero alla chirurgia plastica in maniera sempre più massiccia.



Secondo i dati del 2006 della società americana numerosi sono gli uomini che decidono di anadre sotto i ferri per soddisfare la loro vena narcisista.

L'ossessione sembra colpire molto di più gli uomni del nord europa, soprattutto il Regno unito che vanta numerosi interventi di chirurgia estetica.

Ma a quanto sembra ci sarebbe un folto e ben nutrito gruppo di uomini italiani che periodicamente ricorre al bisturi.

Ma cosa scelgono di ritoccare gli uomini?

In realtà la scelta su quali parti del corpo "sistemare" non è molto diverse da wuelle delle donne.

Infatti gli interventi più gettonati sono rinoplastica, rimodellamento fianchi e addome e la bleroplastica.

Il maschio italiano che diecide di ricorrere al bisturi si troverebbe al nord, mentre quello "merdionale" , sarebbe ancora avvezzo a ricorre a questo tipo di pratica.

E se dobbimao essere prorpio sinceri... ne siamo felici!

Mastella si ritira e afferma: "Sconfitto prima del voto, linciaggio morale contro di me"

Alla fine l'ex Ministro di Grazia e Giustizia ha deciso di non presentarsi come candidato premier alle prossime elezioni.



L'amarezza e il ripensamento del Ministro, che aveva fino a pochi giorni fa deciso di correre da solo con il suo partito, sono dovute principalmente alla fuga dal partito dei suoi ex compagni.

Le accusa che Mastella muove sono abbastanza chiare:

"Sconfitto per una costante e manipolata disiformazione con la pubblica opinione, determinata da una scientifica operazione di linciaggio morale contro di me, costruita mediaticamente, politicamente e giudiziariamente".

Dopo le vicissitudini che hanno visto la sua famiglia protagonista, l'arresto della moglie e un'indagine nei suoi confronti, il ministro si era dimesso prima che il govermo Prodi cadesse.

martedì 29 gennaio 2008

"The Root" : Gli afro-americani risalgono alle proprie origini

Il Washington Post, noto quotidiano americano, ha lanciato da pochi giorni una nuova rubrica elettronica battezzata "The Root".
Si tratta di una rubrica destinata alle numerosissime comunità afro-americane che popolano il continente americano.



Sin qui nulla di nuovo se pensiamo che diverse sono le riviste dedicate ai lettori afro-americani carattetizzate da commenti e notizie ad hoc.
La novità, come stesso spiega il direttore della testata e docente di cultura africana e afro-americana Henry Louis Gates Jr, risiede nella possibilità degli utenti di risalire alle proprie origini, creando cioè una sorta di albero genealogico.
Tramite degli appositi strumenti, gli utenti, possono accedere a tre diverse aeree del sito denominate DNA Testing, Mapping, Family Tree e così ricostruire le proprie origini.
L'idea, certamente interessante, mira a catalizzare l'attenzione della grossa comunità ed ha anche come tentativo quello di incrementare il numero dei lettori aumentandone i profitti.

giovedì 10 gennaio 2008

Islam in Europa: la Carta


Se integrarsi pacificamente nelle società europee è un dovere, quello di costruire moschee e portare i propri abiti tradizionali è un diritto. Per la prima volta la società civile musulmana del nostro continente prova a parlare con una sola voce ad una vasta platea mediatica, rigettando qualsiasi forma di terrorismo, provando ad incollare tutte le sue anime e cercando di spiegarsi, a sé stessa e all'esterno.

Ma anche dicendo su quali punti non è disposta a cedere, come l'annacquamento della propria identità. Lo fa con la "Carta dei Musulmani d'Europa", un documento appoggiato dai maggiori organi religiosi islamici che sarà firmato oggi pomeriggio a Bruxelles da 400 associazioni musulmane provenienti da tutti i paesi dell'Unione europea e dalla Russia. Un documento che per volontà della Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa, l'anima dell'iniziativa, in futuro potrà essere firmato anche dalle associazioni cristiane.

Si tratta di sei pagine in cui si parla alle persone di fede islamica e al mondo esterno con l'obiettivo di rimuovere "i preguidizi e l'immagine negativa che si frappongono tra Islam e occidente". Ecco perché la prima parte del decalogo fornisce una rappresentazione dell'Islam ad uso e consumo dei suoi credenti e degli altri cittadini europei ben lontana dalle derive estremistiche: no al terrorismo, all'interpretazione violenta della Jihad e parità tra uomo e donna.

Con queste premesse la Carta chiede "il riconoscimento dei musulmani come comunità religiosa europea", ricordando che una mutua accettazione fondata sul dialogo e la conoscenza reciproca giova alla pace, al benessere delle nostre società e aiuta a rimuovere "estremismo ed esclusione". Due concetti accostati volontariamente, visto che proprio la ghettizzazione (imposta o voluta) delle comunità islamiche porta alla violenza. Un male da sconfiggere, così come la spaccatura tra le diverse etnie musulmane e le varie scuole islamiche presenti nel Vecchio Continente che, è uno dei messaggi chiave, devono "unirsi" per il bene proprio e degli altri. Guardando all'esterno e forti di questa unione, le associazioni esortano al rispetto delle leggi e delle autorità.

D'altra parte, il messaggio è espresso con grande chiarezza, i musulmani credono nella "neutralità dello Stato". Con un corollario non da poco: "Ciò significa agire in modo imparziale con tutte le religioni e permettere loro di esprimere i loro valori e il loro credo: per questo i musulmani hanno il diritto di costruire moschee e istituti religiosi, di praticare all'interno delle attività di ogni giorno la loro religione, anche nell'alimentazione e nel vestire". Un principio inviolabile bilanciato dall'esortazione ad essere "cittadini attivi e produttivi" e ad "integrarsi positivamente". Il tutto, però, preservando "l'identità musulmana", in quanto qualsiasi forma di integrazione che nega questo postulato "non serve l'interesse dei musulmani e della società".

Per scrivere la carta, spiega Farid El Machaud, portavoce della Lega per i musulmani in Belgio, ci sono voluti otto anni, anche perché dopo l'11 settembre tutto è diventato più difficile; innanzitutto in quanto le associazioni hanno dovuto fare i conti con il terrorismo islamico di provenienza europea, un fenomeno fino ad allora sconosciuto. Ma proprio dopo gli attentati che hanno scosso il mondo il documento vuole essere "una risposta a chi dice che i musulmani non fanno sentire la loro voce: si tratta di un passaggio storico perché per la prima volta i musulmani in Europa danno un'interpretazione comune sull'Islam". Per capirsi tra loro e farsi capire da chi vive nella casa accanto. Un tentativo non da poco.

domenica 6 gennaio 2008

Sempre più emergenza rifiuti


Dopo l'intervento del premier Romano Prodi, il ministro dell'Istruzione Fioroni assicura: "In Campania domani tutti a scuola". Ma alcuni sindaci, come quello di San Giorgio a Cremano, fanno sapere che non ci sono le condizioni igieniche nei loro comuni per far riaprire gli istituti scolastici. Prodi incontrerà martedì i ministri di Interno, Difesa e Ambiente per mettere a punto - ha detto - "una strategia di lungo periodo".

Prodi: riaprire le scuole
"Ho dato disposizione al ministro dell'Istruzione perché vengano immediatamente riaperte le scuole che era stato deciso di chiudere". Così il presidente del Consiglio Romano Prodi ha annunciato il primo provvedimento sull'emergenza rifiuti a Napoli e in Campania.

"I bambini che stanno a casa da scuola - ha aggiunto Prodi parlando con i giornalisti a Bologna - non vanno nè in Val d'Aosta nè sulle Dolomiti, ma rimangono nelle zone con lo stesso inquinamento. Se in qualche scuola ci sarà una situazione di emergenza - ha aggiunto il premier - manderò stanotte a pulire intorno in modo che si possa riaprire la scuola. Le scuole sono sacre: se la Campania vuole in dieci anni essere un buon esempio all'Europa bisogna ricominciare dalle scuole".

Prodi ha detto anche di aver lavorato in mattinata con il ministro dell'Interno Giuliano Amato "per affrettare tutte le decisioni di emergenza e per preparare le riunioni dei primi giorni della prossima settimana in cui definiremo una strategia di lungo periodo per i problemi dei rifiuti a Napoli". Ai giornalisti che gli chiedevano se le iniziative per l'emergenza rifiuti fossero anche una lotta alla camorra, Prodi ha risposto che si tratta di una battaglia "per ripristinare le regole di una società civile e solidale".

Domani, a Roma, il presidente del Consiglio incontrerà i funzionari dirigenti e il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Martedì invece, sempre sul tema dei rifiuti, è in programma una riunione con i ministri dell'Interno, dell'Ambiente e della Difesa.

Napolitano: si risolva questa tragedia
Il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, lasciando Capri ha detto ai giornalisti: "Si risolva la tragedia dei rifiuti" "Sapete già quale può essere il mio pensiero - ha detto il presidente della Repubblica lasciando l'albergo di Capri - che si risolva questa tragedia, ormai è diventata una vera tragedia, dei rifiuti". "In questo senso - ha aggiunto Napolitano - c'è giè, come è necessario, un impegno forte del governo nazionale".

Fioroni: in Campania domani tutti a scuola
I ragazzi di Napoli e della Campania, domani torneranno regolarmente a scuola. L'emergenza rifiuti non avra' conseguenze per la regolare ripresa delle lezioni. Lo assicura il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni.

"Ho dato disposizioni, con il prefetto, il direttore scolastico regionale e d'intesa con le autorità regionali - ha detto il ministro -, affinchè si predisponga ogni intervento necessario a far riaprire fin da domani tutte le scuole delle zone interessate dall'emergenza rifiuti in Campania. La scuola - ha spiegato Fioroni - è un bene primario e i ragazzi non possono esserne privati ed è soprattutto di fronte ad emergenze come quella che sta investendo la Campania che bisogna garantire servizi e i beni fondamentali". Per il ministro "bambini e ragazzi non possono essere lasciati soli ed è certamente meglio che stiano a scuola a fare lezione anzichè per strada".

A Pianura continuano i presidi
Intanto a Pianura, dopo una nottata tranquilla, i presidi continuano. Questa mattina, il parroco ha celebrato una messa nel corso della quale ha letto un applauditissimo messaggio del vescovo di Pozzuoli che ha parlato di "responsabilità istituzionale a tutti i livelli".

Più di 100mila tonnellate nelle strade
Sono più di 100 mila le tonnellate di rifiuti che marciscono nelle strade della Campania: molti centri sono diventati invivibili. In tutta la regione aumentano le giacenze anche perché gli impianti di cdr (combustibile derivato da rifiuti) sono chiusi dal 2 gennaio.

Nel napoletano l'immondizia non raccolta è di 50-60 mila tonnellate. A Napoli città sono più di 4.500 le tonnellate a terra. Senza una ripresa delle attività, le quantità di rifiuti aumenteranno ad un ritmo di 1.000 tonnellate al giorno, 5.000 nella regione.

giovedì 3 gennaio 2008

Il Kenya cerca la tregua


Si è conclusa con un fiasco la manifestazione organizzata dal leader dell'opposizione, Raila Odinga, a Uhuru Park, nel centro della capitale Nairobi. “I manifestanti arrivano da tutte le parti, ma la polizia ha cordonato il parco e non fa avvicinare nessuno”, riferiva per telefono stamane a PeaceReporter A.A., un somalo che preferisce rimanere anonimo per questioni di sicurezza. “C'è polizia ovunque ma i suoi sostenitori sono già stati dispersi a colpi di idranti e lacrimogeni”. Tanto che il leader dell'opposizione, poco dopo le 14.00 ora locale, ha preferito annullare il raduno. Nella città negozi e uffici sono deserti, dappertutto uomini delle forze di sicurezza.

In vista dei già previsti incidenti, oggi Nairobi è una città fantasma. Poche macchine per strada, poca gente a parte i manifestanti. “Molti negozi sono chiusi, altri sono stati saccheggiati”, prosegue A.A. “Si vedono anche reparti scelti dell'esercito, sono loro che stanno lanciando le cariche più pesanti contro i civili. La situazione è tesa, ma tutto sommato migliore di quanto ci si potesse aspettare”.
Negli slum la tensione rimane alta: “a Mathare e Kibera ci sono stati nuovi scontri nella notte”, fa sapere a PeaceReporter S.K., un Luo costretto a lasciare la propria casa a séguito delle minacce ricevuta da parte delle gang di ragazzi Kikuyu. “Stanotte sono venuti a bussare alla mia porta, mi sono dovuto nascondere sotto il letto” prosegue. “Per fortuna mia moglie parla Kikuyu fluentemente e li ha convinti ad andarsene. La polizia è riuscita a portarmi via da Mathare, non potevo rimanere. Il mio Kikuyu stentato e la mia pelle molto scura mi identificavano subito come un Luo”. Le due principali etnie tra le 40 che compongono il Kenya, Kikuyu e Luo si accusano a vicenda di genocidio e pulizia etnica e si scontrano ormai da giorni al fianco dei loro sostenitori, il presidente Mwai Kibaki da una parte e Raila Odinga dall'altra, protagonisti dell'elezione più contestata nella storia del Paese.

Nonostante le aperture da parte di entrambi gli schieramenti politici e le pressioni della comunità internazionale, tra i due leader è guerra aperta. Odinga non vuole rinunciare alla presidenza, alla luce dei brogli che hanno caratterizzato le elezioni dello scorso 27 dicembre, da cui Kibaki è uscito vincitore con un margine di poco più di 200.000 voti. “I tempi sono maturi per un incontro, è la gente che lo chiede”, prosegue S.K. Intanto, si moltiplicano gli appelli, anche da parte del procuratore generale del Kenya, per la creazione di una commissione indipendente che indaghi sullo svolgimento delle elezioni.
L'onda lunga dei massacri avvenuti tra il weekend e sabato, in cui almeno 300 persone sarebbero morte negli scontri tra Kikuyu e Luo, sembra rifluire, tanto da spingere il governo a sostenere che gli incidenti avrebbero colpito solo il 3 percento del Paese. Rimane però molto alto il numero degli sfollati, circa 100.000 secondo l'ultimo conteggio della Croce Rossa, molti dei quali senza assistenza. Anche a Nairobi la situazione non è migliore: fonti di PeaceReporter hanno riferito che almeno 400 famiglie sarebbero accampate nei pressi dell'aeroporto, sotto la protezione dell'esercito che ha alcune basi nella zona.

sabato 22 dicembre 2007

Il risultato di Bali per l'ambiente


È stato un compromesso sofferto, che ha rischiato più volte di abortire. Ma alla fine la conferenza Onu di Bali ha partorito un accordo per negoziare «prima possibile e non più tardi dell’aprile del 2008» la prima fase del protocollo di Kyoto, che scade nel 2012. L’obiettivo è quello di arrivare entro la fine del 2009 a un nuovo piano di contrasto al riscaldamento terrestre.

Braccio di ferro Usa-Ue
L’intesa è giunta con il via libera degli Stati Uniti, in linea di principio contrari alla definizione di vincoli obbligatori sulle emissioni di gas serra. Gli Usa hanno così messo fine al loro braccio di ferro con l’Unione Europea, che spingeva per la riduzione delle emissioni del 25-40% entro il 2020: vincoli ritenuti inaccettabili da Washington. Il piano adottato oggi, in realtà, non fa alcun riferimento ad obiettivi specifici per la riduzione dei gas a effetto serra, ma rinvia alla relazione del gruppo di esperti sull’evoluzione del clima, che dovrebbe suggerire il livello di riduzione necessario. Una soluzione che, alla fine di un lungo tira e molla, è stata accettata anche dall’Ue.

La soddisfazione di Ban ki-moon
Nella sostanza, i partecipanti della conferenza di Bali si sono messi d’accordo per lanciare nuovi negoziati per il dopo Kyoto, in considerazione della scadenza del "vecchio" protocollo nel 2012. Il protocollo di Kyoto, che gli Stati Uniti non hanno ratificato, obbliga 36 paesi industrializzati a ridurre entro il 2012 le loro emissioni di gas a effetto serra del 5% rispetto ai livelli del 1990. Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon, ha ringraziato gli Stati Uniti per la loro flessibilità. «Mi sento incoraggiato (dall’intesa, ndr) ed ho apprezzato lo spirito di flessibilità della delegazione americana e degli altri partecipanti più importanti», ha detto il leader delle Nazioni Unite.

Le lacrime di de Boer
Il ministro francese per l’Ecologia, Jean-Louis Borloo, da parte sua si è detto soddisfatto per l’intesa raggiunta. «È stata difficile ottenere l’impegno di tutti», ha commentato. «L’accordo permette agli Stati Uniti di unirsi a noi e questo è essenziale». Il segretario della Convenzione internazionale sui cambiamenti climatici, che organizza i summit annuali sul clima, e quindi anche questo di Bali, Yvo de Boer, ha pianto nella sessione plenaria davanti a ministri e delegati. Era stato accusato duramente da Cina e India per aver aperto la plenaria mentre era in corso un confronto tra i paesi in via di sviluppo del gruppo G77&Cina. «Non lo sapevo», si è scusato in lacrime De Boer, dinanzi al segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e del presidente della repubblica dell’Indonesia, giunto al summit questa mattina. De Boer ha lasciato la sala con la voce strozzata.